Ristoranti
I ristoranti a Matera, dove mangiare a Matera.
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Ristoranti a Matera
La ristorazione negli ultimi anni ha Matera ha preso un posto di rilievo all’interno delle attività economiche della città. Il grande sviluppo del turismo degli ultimi anni ha favorito la nascita di un gran numero di attività di ristorazione. A Matera ci sono diverse soluzioni per mangiare, si va dal cibo di strada tipico materano rappresentato dai prodotti da forno fino ai ristoranti stellati e gourmet.
Nei numerosi forni tradizionali materani è possibile mangiare la focaccia rossa col pomodoro o quella bianca, salata o dolce come il ricco d’olio con lo zucchero sopra. La focaccia tradizionale al pomodoro la fa da padrona nelle sue diverse varianti, cotta a terra (alla chianca) oppure in teglia con pomodori freschi o i pelati, con peperoni o altre verdure, oppure nella versione chiusa ripiena di cipolle e tonno o altre verdure di stagione. Uno tra i migliori è certamente il Forno di Gennaro Perrone che si trova a due passi dal centro e che merita una visita e che ofre ai turisti anche la possibilità di fare un esperienza coinvolgente e straordinaria come quella di fare il Pane di Matera con le proprie mani.
Oltre alla focaccia nei forni si possono trovare anche altre specialità sempre di pasta lievitata ma nella variante fritta, come i famosi panzerotti ripieni di pomodoro e mozzarella ma che ultimamente stanno vivendo un momento molto creativo e vengono farcini nei modi più disparati addirittura dolci con crema al cioccolato. Nei forni vengono rappresentate dai prodotti anche le stagioni e le festività; Il periodo Natalizio ad esempio si apre con U fcclatidd un pane a forma di tarallo tenero e croccante devozionale della festa dell’Immacolata l’otto dicembre, giorno che apre ufficialmente il periodo natalizio durante il quale non possono mancare le pettole tradizionali. Durante il periodo di Pasqua ci sono le Scarcelle biscotti di pasta frolla che generalmente rappresentano un tema pasquale o propiziatorio, all’inteno della figura di una bambolina o della colomba c’è sempre un uovo sodo beneagurante simbolo di fertilità.
L’offerta del cosiddetto cibo di strada a Matera negli ultimi anni si è arricchita di nuovi locali e nuovi cibi che oramai sono entrati a pieno titolo nella tradizione cittadina. Vi sono locali che vendono Pucce farcite con carne, verdure o pesce, rosticcerie d’asporto che hanno studiato particolari tipi di confezioni eco sostenibili che permettono di consumare camminando i cibi tradizionali della cucina materana.
Naturalmente non può mancare la pizza che è ben rappresentata sia da pizzerie da asporto che da vere e proprie pizzerie di grande qualità. Persino la frutta fresca venduta sui banchi del mercato centrale di via Ascanio Persio può essere un’ottima soluzione per affrontare le giornate calde estive. A questa ristorazione da strada adatta per prendere un pasto veloce durante la pausa pranzo o in un momento di relax tra una visita guidata nei Sassi e l’ingresso a una mostra o un concerto, si affianca la solida ristorazione tradizionale con un centinaio di ristoranti e pizzeria sparsi tra i Sassi, il Centro Storico e la città nuova.
A Matera ci sono ristoranti per tutti i gusti e per tutte le tasche. La stragrande maggioranza dei ristoranti di Matera si trova in centro e nei Sassi, alcuni offrono anche la pizza, ma spesso sol la sera. Molti dei ristoranti presenti nei Sassi di Matera sono ricavati in antiche grotte o case grotta adattate e modernizzate per la ristorazione, Ad esempio il ristorante La Gattabuia è ricavato all’interno delle grotte che erano nel Seicento il carcere di Matera. Il livello generale della ristorazione materana è abbastanza alto grazie anche alla qualità degli ingredienti freschi e dei prodotti che il territorio offre, oltre naturalmente alle capacità dei singoli ristoratori e alla loro professionalità degli chef in alcuni casi hanno una decennale esperienza. Matera offre nella ristorazione delle vere e proprie eccellenze, nei Sassi c’è uno chef stellato e altri ristoranti sono di attesa di arrivare all’ambito traguardo della stella Michelin.
Molti di questi hanno la fortuna di trovarsi nei Sassi di Matera e all’indubbio vantaggio di essere in un contesto a volte fabiesco come quello degli antichi rioni materani hanno eseguito degli interventi architettonici di alto livello funzionale ed estetico. In questi ristoranti pur trovandosi a tavola in una vera e propria grotta il confort è massimo, alcuni sono dei veri e propri gioielli di architettura e di design. In questo genere di ristoranti la cucina è generalmente moderna, molti hanno reinterpretato le ricette tradizionali materane rendendole contemporanee andando così incontro a quelle che sono le nuove esigenze dei numerosi ed esigenti clienti italiani e stranieri. Naturalmente non mancano i Ristoranti vecchio stampo, trattorie e osterie che ripropongono i piatti poveri ma eccellenti della tradizione casalinga materana. Spesso è sorprendente scoprire come un semplice abbinamento tra un purè di fave e una cicoriella selvatica condito con un sano giro d’olio extravergine d’oliva lucano possa sfiorare la perfezione.
La cucina tradizionale materana
La cucina materana tradizionale è una cucina semplice, fatta con verdure, legumi e cereali con un uso parsimonioso della carne che veniva consumata principalmente durante le feste e in particolari ricorrenze.
Una caratteristica della cucina materana è l’uso del pane raffermo in molte ricette tradizionali. Erano le donne che una volta a settimana impastavano la massa (l’impasto) per il pane, la forma della tipica pagnotta del Pane di Matera veniva realizzata dal fornaio che provvedeva anche alla cottura nei tanti forni a legna dei Sassi.
Le famiglie erano molto numerose e il pane era uno degli ingredienti principali della dieta materana, capitava di trombare (impastare) la pasta anche due volte a settimana per realizzare pagnotte che arrivavano a 5 chilogrammi di peso. Per le dimensioni e le quantità era facile che rimanesse del pane raffermo, a volte veniva tenuto da parte volutamente per realizzare particolari ricette che lo richiedevano, la più comune tra quelle tipiche materane fatta con il pane duro è la Cialledda, fredda durante l’estate e calda d’inverno. Era una preparazione molto apprezzata dai materani in entrambe le versione e veniva mangiata alle prime ore dell’alba dai contadini prima di intraprendere il lungo viaggio a piedi che li avrebbe portati nei campi.
Le colture principali nel materano sono cerealicole e olivicole, mentre l’allevamento è prevalentemente di tipo ovino e caprino. A queste bisogna aggiungre le coltivazioni orticole e anche una vasta gamma di cibo che si rinviene in natura, come le lumache, i frutti e le verdure selvatiche di cui i materani hanno fatto sempre largo uso e che erano soliti raccogliere nelle campagne intorno a Matera o sulla vicina Murgia, un vasto territorio calcareo che Matera condivide con quello pugliese. Cicorielle, sivoni, cimalaponi, sono tante le erbe aromatiche e curative stagionali che vengono usate con regolarità in cucina; tuberi, funghi e frutti selvatici, lumachine erano tutti ingredienti molto presenti sulle tavole dei materani.
A Matera come nel resto dell’Italia di carne se ne mangiava poca, era un lusso che ci si permetteva durante il carnevale, il sabato sera nei Ciddari e la Domenica nel sugo o arrostita alla brace. I Ciddari (probabilmente dal latino cellarius) erano le tradizionali cantine in cui si andava a passare le serate con gli amici, fino a non molto tempo fa se ne contavano diversi nei Sassi di Matera. Oggi sono quasi scomparsi, molte sono divenuti taverne o ristoranti ma ve ne sono alcuni che ancora vengono usate da privati per convivi tra amici o di famiglia. Le cantine erano luoghi di socializzazione maschile in cui si vendeva il vino sfuso e si poteva mangiare la carne arrostita con le cipolle che le macellerie arrostivano nel fornello pronto. In via delle Beccherie, una caratteristica stradina del centro storico di Matera, le servivano dentro un cartoccio in cui all’occorrenza veniva praticato un foro e passeggiando si poteva mangiare i salsicciotti o gli gnimmireddi caldi.
Il consumo di carne, come del cibo in generale a Matera, era governato dai cicli naturali delle stagioni e della vita. Non diversamente dai loro predecessori neolitici i pastori materani dovevano portare fuori dal gregge i maschi in eccesso per evitare problemi. Il becco, il maschio della pecora o della capra, doveva essere eliminato e portato in macelleria dove spesso era l’unica carne disponibile. Di qui il nome di via delle Beccherie u’ v’c rin in dialetto materano. Capitava spesso in estate che a causa delle spighe del grano secco di cui le pecore erano ghiotte, qualcuna occasionalmente morisse e si approfittava di questi incidenti per cibarsene. Le carni di queste pecore in particolare servivano per preparare la Pignata, un altro piatto della tradizione agropastorale materana. In un apposito recipiente di terracotta chiamato pignata veniva messa la carne della pecora vecchia, dopo averla schiumata in acqua calda, insieme a pecorino, salsiccia e varie verdure ed erbe aromatiche e verdure selvatiche. Il recipiente di terracotta veniva chiuso con l’impasto del pane e cotto nel forno per ore. E’ un piatto delizioso.
Un altro momento dell’anno in cui si mangiava la carne era a carnevale, non a caso questa festa coincide con l’uccisione del maiale che avveniva nella la pausa invernale dei lavori agricoli. In questo periodo i contadini approfittavano della festa e mangiavano carne, in particolare la salsiccia e la soppressata, per mettersi in forze in previsione dei pesantissimi lavori che li aspettavano nei campi in estate. Il carnevale inizia con i fuochi di Sant’Antonio e finisce con il martedì grasso, la festa per i materani consisteva in una questua che veniva portata di casa in casa cantando unaa canzone che si chiama la Cupa Cupa, come lo strumento usato, un tamburo a frizione.
Ci si riuniva la sera tardi (al tramonto, momento in cui solitamente a Matera si andava a dormire) per portare la serenata a casa di chi aveva ucciso il maiale. Arrivati in silenzio nei pressi dell’abitazione del malcapitato lo si chiamava a gran voce, appena si affacciava partiva il canto al suono della cupa cupa e il poveretto sapeva già cosa doveva fare. Nel frattempo che gli ospiti si davano una sistemata e preparavano la tavolata, davanti alla porta si cantava e si suonava, un cantore tesseva in rima le lodi della famiglia che spesso erano prese in giro e invita la padrona ad aprire la porta e a preparare il vino e la salsiccia. L’ospite dopo aver offerto qualche oliva, un po’ di salsiccia, di soppressata annaffiati da abbondante vino rosso si aggregava al gruppo e andava a portare un’altra serenata a qualche altro fortunato abitante dei Sassi.